Italia - Rassegna stampa settimanale dal 3 al 9 febbraio 2024

Le news tributarie più importanti della settimana raccolte dai professionisti di Fidinam Italia in materia di: Legislazione, Giurisprudenza, Prassi, Dottrina, Attualità

Legislazione

  • Legge di bilancio 2024 commentata in “Per le società francesi imposizione sostitutiva sul 5% delle plusvalenze”, Il Quotidiano del Commercialista del 7.2.2024: La nuova disciplina della participation exemption per le società ed enti commerciali residenti in Stati dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo non è stata, per ora, oggetto di specifici interventi di prassi. Un tema preliminare è rappresentato dalla decorrenza, non stabilita della norma. La Relazione tecnica al Ddl. di bilancio 2024 ha “ipotizzato” l’entrata in vigore dal 2024, stimando conseguentemente l’andamento finanziario. Si può ipotizzare che il nuovo regime competa per le plusvalenze realizzate dal 1° gennaio 2024, se la società ha esercizio sociale coincidente con l’anno solare, fermo restando che la concreta tassazione avviene nell’esercizio di incasso delle somme. Ove ciò sia confermato, resterebbero fuori dall’ambito applicativo dell’art. 68 comma 2-bis del TUIR le plusvalenze realizzate sino al 2023 il cui corrispettivo sia incassato nel 2024 o in anni successivi, così come a maggior ragione le plusvalenze per cui al 31 dicembre 2023 si sia già incassato il corrispettivo. In particolar modo nel secondo caso, appare opportuno avanzare istanza di rimborso delle maggiori imposte versate con successiva impugnazione dell’eventuale silenzio-rifiuto. Un altro tema riguarda la natura del cedente, posto che l’art. 68 comma 2-bis del TUIR richiama gli enti esteri “privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato”; appare pacifico che vi rientrino anche le società che, pur avendo una stabile organizzazione italiana, cedano partecipazioni non riferibili alla S.O. Tali società, peraltro, dichiarano i redditi in quadri separati della dichiarazione italiana, e nello specifico nei quadri RF per il reddito d’impresa della stabile organizzazione e RT per i capital gain riferibili alla posizione della casa madre. 


Giurisprudenza

  • Sentenza Cassazione n. 3386 del 6.2.2024, commentato in “Esterovestizione anche per l’imposta di registro”, Il Quotidiano del Commercialista del 7.02.2024: La sentenza della Cassazione n. 3386 si occupa del caso di una società che ha ricevuto un avviso di liquidazione per maggiore imposta di registro, a causa della presunta residenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, in Italia e non nel Regno Unito, come dichiarato. Nello specifico, la società di diritto britannico aveva deliberato un aumento del capitale sociale mediante conferimento di immobili siti in Italia, da parte di un socio, persona fisica, residente in Italia. Tale conferimento era stato assoggettato a imposta di registro in misura fissa, sulla base della circostanza che si trattasse di un atto relativo a una società con sede legale o amministrativa in altro Stato membro dell’Unione europea, e non all’imposta con aliquota proporzionale. Nella disciplina del DPR 131/86 non esiste una puntuale definizione di soggetto residente e di soggetto non residente, pertanto, nel caso in esame il riferimento alla sede legale o amministrativa della società richiama i criteri indicati a proposito della residenza delle società e degli enti ai fini delle imposte dirette. Poiché due dei tre criteri del TUIR coincidono con quelli rilevanti ai fini dell’imposta di registro, l’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro e la decisione della Suprema Corte si avvalgono proprio dell’art. 73 del TUIR. Quindi la Suprema Corte ha analizzato se la sentenza di secondo grado abbia correttamente valutato gli elementi indicati dall’Agenzia delle Entrate a dimostrazione della residenza in Italia della società conferitaria. La parte più interessante della sentenza, però, è quella in cui gli Ermellini affermano che “il contrasto del fenomeno dell’esterovestizione societaria assume valenza di principio generale dell’ordinamento applicabile non soltanto alle imposte sui redditi [...] ma anche alle imposte indirette, trovando il suo fondamento nel diritto tributario europeo, nel dovere costituzionale di partecipare alla spesa pubblica e nelle regole di derivazione UE e OCSE”.
  • Sentenza Cassazione n. 3211/2024, commentato in “Per il decreto 231 sindaci uguali agli amministratori”, IlSole24Ore del 7.2.2024, pagina 31: La Cassazione con la sentenza in commento estende la nozione di controllo societario, con l’effetto di allargare l’area delle possibili contestazioni alle imprese per violazioni del decreto 231. Più nel dettaglio, la Suprema Corte rileva che «la nozione di controllo di cui all’articolo 5 decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, non coincide con quella di controllo della società delineata dall’articolo 2359 Codice civile, ma ricomprende anche l’attività di vigilanza o, comunque, di verifica e incidenza nella realtà economico-patrimoniale della società, sovrapponibile a quella svolta dai sindaci o dagli altri soggetti a ciò formalmente deputati». La Corte si è trovata a dovere affrontare la determinazione delle situazioni nelle quali si può affermare che un soggetto, il quale non riveste una carica formale nell’organigramma societario, tuttavia, esercita sulla società un controllo in punta di fatto. La definizione del controllo di fatto, per la Cassazione, non va rintracciata avendo come riferimento il Codice civile, ma deve avere un perimetro più esteso, tra l’altro più coerente con gli obiettivi collegati all’introduzione della responsabilità amministrativa degli enti. La sentenza precisa anche che, se i reati di cui anche la società è chiamata a rispondere sono stati commessi da chi esercita di fatto un ruolo di gestione e controllo, non può mai scattare l’esimente dell’adozione di modelli organizzativi. 



Prassi

  • Videoconferenza dell’Agenzia delle Entrate del 1.2.2024, commentata in "Regolarizzazione delle cripto-attività senza effetti sul loro costo fiscale", Il Quotidiano del Commercialista del 7.02.2024: Fra i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella Videoconferenza del 1° febbraio 2024, di interesse per gli operatori sono quelli in merito al regime fiscale delle cripto-valute in vigore dal 2023. In primo luogo, viene chiesto di confermare che anche nel caso del regime dichiarativo il contribuente possa assumere, ai fini della determinazione delle plusvalenze, come costo di acquisto quello indicato nel modello per la regolarizzazione delle cripto-attività. Con riferimento alla domanda di regolarizzazione che consentiva di sanare le violazioni relative alle imposte e al monitoraggio fiscale, il valore da indicare è quello di mercato al termine del periodo d’imposta. Tale impostazione era valida sia per le cripto-attività detenute in regime di risparmio amministrato, sia per quelle detenute in regime dichiarativo. In merito, l’Agenzia delle Entrate osserva che sia nel regime dichiarativo, sia nel regime amministrato, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito, ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate, e il costo o il valore di acquisto, non assumendo, a tali fini, alcuna rilevanza il valore delle cripto-attività indicato nel modello di regolarizzazione. L’Amministrazione finanziaria ricorda anche che il costo o valore di acquisto deve essere documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza, il costo è pari a zero. A titolo esemplificativo e non tassativo, si ritiene che potrà essere considerata documentazione probatoria: (i) contabili bancarie relative all’acquisto delle cripto-attività indicate nel modello; (ii) wallet address; (iii) numeri di transazione; e (iv) ogni altra eventuale documentazione rilasciata dagli intermediari da cui si evinca, con certezza, la riconducibilità delle cripto-attività al soggetto che presenta l’istanza. 

 

Dottrina

  • "Titolare effettivo, sanzioni accessorie al socio che nega le informazioni”, IlSole24Ore del 5.02.2024, pagina 21: Durante il Telefisco 2024, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha chiarito alcuni aspetti cruciali relativi all'obbligo comunicativo riguardante il titolare effettivo delle imprese e delle persone giuridiche. Tale obbligo, disciplinato dall'articolo 21 del Dlgs 231/2007, richiede la comunicazione delle informazioni relative ai titolari effettivi al Registro delle imprese. Il Ministero ha precisato che l'obbligo comunicativo non si estende a soggetti che hanno acquisito la personalità giuridica attraverso procedure diverse da quelle previste dal Dpr 361/2000, escludendo quindi enti, associazioni o società sportive dotate di personalità giuridica. Per l'identificazione del titolare effettivo, vengono utilizzati criteri che rimandano all'assetto proprietario o al controllo dell'ente. Tale individuazione avviene considerando chi detiene la proprietà diretta o indiretta dell'ente, la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria, o vincoli contrattuali che consentano un'influenza dominante. L'omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo è soggetta a sanzioni amministrative, con multe che vanno da 103 a 1.032 euro. Il Mef ha chiarito che il quadro sanzionatorio è complesso e prevede sanzioni anche in caso di dichiarazioni mendaci. Inoltre, gli amministratori delle società hanno il potere di acquisire informazioni sulla titolarità effettiva e possono richiedere tali informazioni ai soci. L'inerzia o il rifiuto ingiustificato del socio di fornire tali informazioni può comportare la sospensione del suo diritto di voto e l'impugnabilità delle deliberazioni assunte con il suo voto. Altre disposizioni, come quelle del TUF e del Codice Civile, possono essere applicate, includendo la sterilizzazione del diritto di voto, la sospensione del diritto di voto e l'impugnabilità delle delibere adottate con il voto determinante di chi non avrebbe potuto votare per patti parasociali non comunicati.

 

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