Italia - Rassegna stampa settimanale dal 16 al 22 marzo 2024

Le news tributarie più importanti della settimana raccolte dai professionisti di Fidinam Italia in materia di: Legislazione, Giurisprudenza, Prassi, Dottrina, Attualità

Legislazione

  • D.Lgs. 219/2023 di riforma dello Statuto del contribuente, commentato in “Slitta il termine di decadenza in caso di contraddittorio preventivo”, Il Quotidiano del Commercialista del 18.3.2024: Il Decreto legislativo in oggetto ha introdotto il nuovo art. 6-bis della L. 212/2000 che regola il contraddittorio preventivo, applicabile per tutte le imposte e tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi alle Corti di Giustizia tributaria, già a decorrere dal 18.1.2024. Si segnala che si attende il decreto del MEF che individuerà specificatamente gli atti esclusi dal perimetro del contraddittorio, attualmente ascrivibili alla categoria degli atti sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni (art. 6-bis co. della L. 212/2000). Con il nuovo contraddittorio preventivo, quindi, l’Amministrazione Finanziaria dovrà prima comunicare uno “schema di atto” al contribuente, il quale entro 60 giorni potrà, con apposita richiesta, avere accesso al fascicolo d’ufficio ed estrarre copia dei documenti e presentare eventuali controdeduzioni. Entro il detto termine di 60 giorni non potrà essere emesso l’atto accertativo, al fine evidente di garantire che si instauri effettivamente un confronto proficuo tra la parte pubblica e il contribuente. Si ritiene, pertanto, illegittimo un accertamento emesso nelle more dei 60 giorni per il contraddittorio. Tuttavia, il legislatore, se da un lato ha previsto nella fase amministrativa prima dell’accertamento un periodo che il contribuente può utilizzare per mettere in discussione la pretesa erariale sia nel quantum che nel merito, dall’altro viene anche spostato in avanti il termine “naturale” di decadenza dell’attività accertativa. Infatti, il secondo periodo del co. 3 dell’art. 6-bis della L. 212/2000 sancisce: “Se la scadenza di tale termine (di 60 giorni) è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio”. Nella specie, è “posticipato al centoventesimo giorno successivo” al termine per l’esercizio del contraddittorio l’adozione dell’atto accertativo, ove però ricorrano due differenti ipotesi: (i) nel caso in cui la scadenza del termine di 60 giorni sia successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo, ovvero dell’accertamento; (ii) ove tra il termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il termine di decadenza dell’atto conclusivo/accertamento decorrano meno di 120 giorni.

Giurisprudenza

  • Sentenza Cassazione, Sez. II Civ., n. 3352 del 6.2.2024, commentata in "Revocabile la donazione alla quota disponibile", IlSole24Ore del 20.3.2024, pagina 34: Se in una donazione è prevista la dispensa dall’imputazione della donazione stessa alla quota di legittima nella successione mortis causa del donante, significa che il donatario ottiene una maggiorazione della quota di legittima. La dispensa dall’imputazione è però sempre revocabile unilateralmente dal donante, anche con il suo testamento: si deve trattare però di una revoca espressa e non è tale il testamento, redatto successivamente alla donazione, che attribuisca la quota disponibile a un erede diverso dal donatario, in quanto questa attribuzione deve interpretarsi come limitata alla quota disponibile residuante dopo l’imputazione della donazione alla disponibile. Il calcolo della quota di legittima si effettua sommando il valore del patrimonio di titolarità del de cuius al momento della morte con il valore delle donazioni che il defunto ha stipulato durante la sua vita. Sul risultato che si ottiene si separa appunto la quota disponibile (la parte di cui il de cuius poteva liberamente disporre, con donazione o con testamento) dalla quota di legittima e cioè la quota di patrimonio del de cuius che necessariamente deve essere lasciata ai familiari più stretti (in particolare, al coniuge o alla persona civilmente unita e ai discendenti). Quando viene stipulata una donazione, si intende che essa sia un acconto della quota di legittima spettante al donatario nella successione del donante, a meno che il donante disponga, nel contesto della donazione, la dispensa dall’imputazione della donazione alla quota di legittima, con l’effetto che la donazione si intende attribuita sulla disponibile: in questo caso il donatario riceve una quota di legittima maggiorata (nei limiti del valore della quota disponibile) del valore della donazione. Si tratta di capire se la dispensa da imputazione, in quanto contenuta nel contratto di donazione, sia irrevocabile se non con il consenso sia del donante che del donatario, oppure se sia revocabile per il solo volere del donante. La risposta della Cassazione è dunque in quest’ultimo senso. La dispensa da imputazione, infatti, è comunque un negozio mortis causa, seppur contenuto in un atto inter vivos. In base alla regola generale per la quale le disposizioni mortis causa sono inderogabilmente revocabili fino al momento dell’ultimo respiro del de cuius, si presta dunque a essere revocata sia mediante un unilaterale atto tra vivi posto in essere dal donante sia mediante il suo testamento.
  • Sentenza Cassazione, Sez. Trib., n. 7442 del 20.3.2024, commentata in "Donazioni informali tra genitori e figli senza tassazione", IlSole24Ore del 21.3.2024, pagina 6: Donazioni informali (il genitore dà denaro al figlio) e donazioni indirette (il genitore paga la casa del figlio) senza imposta perché non c’è obbligo di registrazione. La tassazione scatta infatti solo se tali liberalità risultano da atti sottoposti a registrazione oppure se sono registrate volontariamente o se, avendo valore superiore a un milione di euro, la loro effettuazione viene dichiarata dal contribuente nel contesto di una procedura di accertamento di tributi. È questa la rilevante decisione assunta dalla Sezione tributaria della Cassazione nella sentenza in oggetto. La decisione muove dal Testo unico dell’imposta di successione e donazione che dispone che gli atti di donazione sono soggetti a registrazione e la non applicazione dell’imposta sulle donazioni in talune fattispecie di donazione indiretta, dopo aver, però, esordito sancendo che resta «ferma l’applicazione dell’imposta» sulle donazioni «anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione». Da questi dati la Cassazione desume che la donazione indiretta è rilevante ai fini dell’imposta di donazione solo se risulta «da atti soggetti alla registrazione». Ne consegue, dunque, che, ad esempio, le donazioni informali (non stipulate per iscritto, né enunciate in un atto scritto) non sono un possibile oggetto di tassazione e non rientrano nel calcolo della franchigia di un milione di euro, a meno che non si faccia la registrazione «volontaria» della donazione stessa o che la donazione non risultante da atti soggetti a registrazione sia «confessata» dal contribuente nell’ambito di una procedura di accertamento tributario. Posta questa linea di confine tra donazioni indirette risultanti o meno da atti soggetti a registrazione, resta il tema se, per la donazione indiretta risultante «da atti soggetti alla registrazione» sia configurabile, o meno, un obbligo di registrazione dell’atto in questione anche come donazione. La Cassazione risponde negativamente osservando che, quando il Testo unico si occupa della tassazione delle liberalità indirette, enuncia i due principi già sopra accennati: la «facoltà» del contribuente di effettuare la registrazione volontaria e il «potere» dell’amministrazione di accertare le liberalità indirette solo al congiunto ricorrere di due presupposti: quando l’esistenza della liberalità (di valore superiore a un milione di euro) risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti di accertamento tributario. Se, dunque, il “potere” dell’amministrazione finanziaria di accertare donazioni indirette si ha solo al ricorrere dei predetti due presupposti, evidentemente non vi è un generalizzato obbligo di sottoporre a tassazione tutte le donazioni indirette risultanti da atti soggetti alla registrazione.


Prassi

  • Risposta ad istanza di interpello n. 72 del 18.3.2024, commentata in "Quote sociali, imponibile la donazione al socio già titolare del controllo", IlSole24Ore del 19.3.2024, pagina 37: Il socio già titolare del controllo di una società non può beneficiare dell’agevolazione (art. 3, co. 4-ter, del D.lgs. 346/1990) che esonera da imposta di donazione e successione i trasferimenti a titolo gratuito aventi a oggetto «partecipazioni mediante le quali» viene «acquisito o integrato il controllo» da parte del donatario (o dell’erede). Secondo l’Agenzia delle Entrate, in sostanza: «acquisire il controllo» sarebbe la situazione in cui un soggetto, non titolare di alcuna quota di partecipazione, riceva una donazione o un trasferimento mortis causa di una quota di partecipazione pari almeno al 50,01% del capitale di una società; «integrare il controllo» sarebbe la situazione in cui un soggetto, già titolare di una partecipazione di minoranza (in ipotesi, il 30%), acquisisca una quota (es: il 25%) che, sommata alla partecipazione preposseduta, gli consenta di oltrepassare il 50,01% del capitale sociale. L’integrazione del controllo, invece, non si avrebbe – secondo l’Agenzia delle Entrate – quando il titolare di una partecipazione di controllo (es: quota del 60%) acquisisca un’ulteriore quota di partecipazione. Insomma, un’interpretazione restrittiva a dispetto del vocabolario, ove si legge che «integrare» significa «aggiungere qualcosa in modo da rendere intero» e, quindi, è un concetto che si presta tanto a chi acquista non avendo nulla quanto a chi acquista avendo già qualcosa.

Dottrina

  • Ravvedimento e cumulo con perimetro da ampliare”, IlSole24Ore del 19.3.2024, pagina 37: Connubio tra ravvedimento operoso e cumulo giuridico ancora da “limare”, anche dopo le modifiche apportate al testo presentato alla Camera. Con lo schema di D.lgs. di riforma delle sanzioni viene stabilita la possibilità di determinazione della sanzione unica – art. 12 del D.lgs. 472/1997 - al ravvedimento operoso in relazione al singolo tributo e al medesimo periodo d’imposta. Occorre però notare che le disposizioni sulla sanzione unica si applicano nel ravvedimento “in caso di progressione o di medesima risoluzione”. Questo vuol dire che nel caso in cui il contribuente non emetta, ad esempio, una fattura determinando anche l’infedeltà della dichiarazione annuale IVA, opererà certamente il cumulo giuridico, così che, se il contribuente intenderà ravvedersi dovrà applicare la riduzione del ravvedimento (guardando il momento della prima violazione) a quella più grave tra tutte, aumentata di un quarto. Questo è certamente positivo se si considera che attualmente occorre ravvedersi per ogni singola violazione. Va rilevato che la modifica proposta non tiene tuttavia conto dell’importante innovazione che si vorrebbe apportare al co. 1 dell’art. 12 del D.lgs. 472/1997. Attualmente, infatti, il cumulo giuridico trova applicazione sia nell’ipotesi di concorso formale che di quello materiale. Con lo schema di D.lgs. si propone di ampliare l’ambito di applicazione del concorso materiale, estendendolo a tutte le violazioni, non solo quindi a quelle di carattere formale. Il caso potrà essere, ad esempio, quello della mancata emissione di più fatture. Chiaramente, se tali violazioni non vengono ravvedute prima della presentazione della dichiarazione, si avrà l’applicazione della continuazione di cui al co. 2 dell’art. 12, in quanto si determinerà l’infedeltà della dichiarazione. Il fatto è però che il contribuente potrebbe effettuare il ravvedimento prima della presentazione della dichiarazione. In questo caso è logico che, ammettendo il cumulo giuridico per il ravvedimento in relazione allo stesso tributo e al medesimo periodo d’imposta, il contribuente dovrà avere la possibilità di regolarizzare, applicando il cumulo, anche la mancata emissione di più fatture (prima della dichiarazione). Tuttavia, lo schema di D.lgs. fa riferimento soltanto alla possibilità di utilizzo del cumulo (nel ravvedimento) per la continuazione (omessa fattura che determina l’infedele dichiarazione), ma non per la nuova ipotesi di concorso materiale. È indubbio che occorrerà modificare il testo. Peraltro, ci sono altre incertezze nel connubio ravvedimento/cumulo giuridico. Viene stabilito che la sanzione base, sulla quale parametrare le riduzioni del ravvedimento, è pari a quella che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave incrementata dagli aumenti minimi previsti “da ciascun comma dell’art. 12”. In realtà, il riferimento a “ciascun comma” è improprio in quanto si deve avere riferimento solo al comma 1 (concorso) richiamato per l’ipotesi di continuazione (co. 2). Ulteriormente viene previsto che, se la regolarizzazione viene effettuata dopo la constatazione delle violazioni si applica – alla sanzione unica - la riduzione pari a un quinto. La previsione è pleonastica in quanto se si è in presenza di un Pvc la riduzione è comunque pari a un quinto.

 

 

Attualità

  • Case green, per chi non ristruttura niente limitazioni a vendita e affitto”, IlSole24Ore del 16.3.2024, pagina 25: La direttiva Case green non prevede alcuna limitazione alla possibilità di vendere o affittare gli edifici non riqualificati. La possibilità di introdurre sanzioni, collegate alla Energy performance of building directive (Epbd), sarà appannaggio esclusivo dei Paesi membri, che potranno decidere se imporre degli obblighi ai loro cittadini. Estremamente improbabile che ciò avvenga in Italia, dove i contenuti della Epbd sono considerati potenzialmente ancora troppo gravosi da Governo e maggioranza. Dopo il voto del 19.3.2024 a Strasburgo, la direttiva Case green avanza verso le ultime curve che la porteranno al via libera finale. In attesa dell’entrata in vigore del testo, ormai prossima, e del successivo recepimento da parte dei Paesi membri, è già tempo di misurarne gli effetti potenziali, analizzando le sanzioni previste dalla Epbd. Su questo punto, il ministro dell’Ambiente ha spiegato nei giorni scorsi, in modo molto efficace, che la Epbd «è un vincolo di Stato, non è un vincolo per i singoli». In altre parole, gli obiettivi indicati dalla direttiva saranno vincolanti per l’Italia, che non rispettandoli si esporrà a una procedura di infrazione, ma non saranno vincolanti per i singoli italiani, che non avranno obblighi diretti di ristrutturare. Più nello specifico, la direttiva non prevede che, in caso di mancata ristrutturazione di un immobile, il proprietario venga limitato nell’utilizzo che potrà fare del suo bene. Concretamente, la Epbd stabilisce che i Paesi membri dovranno approvare dei piani che portino entro il 2030 un taglio dei consumi medi del loro patrimonio residenziale del 16% rispetto al 2020 e del 20-22% entro il 2035. Entro il 2050 bisognerà arrivare a emissioni zero in tutto il patrimonio immobiliare. Tutti questi target sono una responsabilità dei singoli Paesi, non dei cittadini che vivono nell’Unione europea. Quindi, nel caso in cui non vengano raggiunti sarà l’Italia a essere sanzionata, ma non ci saranno conseguenze sui proprietari. Nei giorni immediatamente successivi al voto di Strasburgo, infatti, tutti gli esponenti di Governo e maggioranza si sono espressi per chiedere all’Europa ulteriore flessibilità e regole meno stringenti a carico dei cittadini. Improbabile che sia proprio l’Italia, in fase di attuazione del provvedimento, a introdurre delle sanzioni. Detto questo, comunque, resta molto probabile una sanzione “di mercato”. Con il miglioramento della qualità del parco immobiliare, chi si troverà immobili più energivori li vedrà inevitabilmente deprezzarsi. Questo, però, è un processo già in atto in questi anni, indipendentemente dalla direttiva, come testimonia una recente ricerca della Banca d’Italia.
  • Il Kenya nella lista grigia dei Paesi che riciclano e finanziano il terrorismo”, IlSole24Ore del 20.3.2024, pagina 12: Il Kenya attraversa un momento “grigio” che ne mette a rischio la capacità di attrarre e garantire aiuti e investimenti esteri. Proprio nel momento in cui sta facendo di tutto per risalire la china dello sviluppo. Grigio come la lista nella quale il Paese è stato appena inserito dalla Financial action task force (Fatf-Gafi). Dopo esattamente 14 anni dall’esclusione, lo Stato rientra sotto la vigilanza dell’organismo intergovernativo con sede a Parigi, a causa della assenza di strategie chiare nel perseguimento dei reati di riciclaggio. Con un’aggravante decisiva: nessuna indagine o procedimento giudiziario adeguato per i reati di finanziamento del terrorismo e, nonostante l’ampio settore di organizzazioni senza scopo di lucro, non c’è alcuna regolamentazione e pertanto «il rischio di abusi di finanziamento del terrorismo rimane non identificato». Tutte le piste portano a concludere che le organizzazioni terroristiche di matrice islamica aumentino non solo la pressione politica ma anche il volume di affari illeciti, con un enorme drenaggio di risorse fuori dai confini kenyoti. Secondo l’ultimo report consegnato alla comunità internazionale da Transparency international Kenya e Global financial integrity, il think tank che analizza i flussi finanziari illeciti nel mondo con base a Washington (USA), carbone per un valore di oltre 1,3 milioni di dollari viene contrabbandato dal Kenya ogni mese. La cifra di quasi 16 milioni di dollari annui rischia di essere sottostimata alla luce delle carenze strutturali evidenziate da Fatf-Gafi. Il centro economico per il commercio illegale è la città portuale somala di Chisimaio che, però, è sotto il controllo delle Forze di difesa keniote, i cui soldati sono citati in diversi rapporti come attori chiave nel commercio illegale di carbone. Secondo il rapporto, chi agevola il contrabbando riceve due dollari per ogni sacchetto e il conto annuale della corruzione in questo solo porto è di circa 24 milioni di dollari. Sempre secondo le stime di Transparency international, il Kenya si trova al 126esimo posto tra gli Stati più corrotti al mondo (su 180 in classifica). Ogni anno, malgoverno e corruzione sottraggono 2,5 miliardi di dollari, che corrispondono al 25-30% del bilancio annuale dello Stato.


Curiosità

  • Fu la Repubblica di Venezia nel 1474 a tutelare per prima la proprietà industriale”, IlSole24Ore del 19.3.2024, pagina 18: Più di 2mila brevetti furono concessi a cittadini veneziani e stranieri, donne e uomini, di qualsiasi ceto sociale, dal Senato di Venezia dal 1474 al 1797: sono il frutto dalla prima legge europea sulla proprietà industriale, istituita proprio il 19.3.1474. Il 19.3.2024, 550 anni dopo, la città ricorda quel passaggio fondamentale: fra quei brevetti figura anche quello concesso a Galileo Galilei per l’invenzione del suo telescopio. Alla presenza del ministro Adolfo Urso, l’Università Ca’ Foscari ha dato il via nei giorni scorsi a una rassegna di incontri aperti alla cittadinanza per porre la tutela e la valorizzazione della proprietà industriale al centro del dibattito sui processi di innovazione e sviluppo economico. L’iniziativa è in collaborazione con il ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’Archivio di Stato di Venezia. «Nei suoi oltre 1600 anni di storia – ha ricordato il sindaco Luigi Brugnaro - la Serenissima ha rappresentato uno dei più grandi centri nei quali confluivano non soltanto merci da tutto il mondo, ma, soprattutto, conoscenza. Inizia nel 1300, infatti, con i viaggi di Marco Polo in Cina, l’acquisizione di un nuovo sapere e di enormi ricchezze. Sapere che si è evoluto dando vita ad arti e mestieri, come nel caso dell’arte vetraria a Murano. La Repubblica Serenissima ha saputo tutelare l’intelletto, il pensiero, l’intuizione che ha aperto nuovi mercati. Una tutela che è libertà di impresa». Anche oggi la città vuole essere punto di arrivo: «Con il progetto “Venezia Città Campus” vogliamo riportare sempre più “sapere” in città, attirando giovani studenti provenienti da tutta Europa», ha aggiunto Brugnaro, ricordando anche l’importanza di applicare poi quanto si è appreso: e fra i luoghi dove farlo c’è il distretto industriale di Porto Marghera, dove nel Novecento diversi brevetti portarono a Giulio Natta il Nobel per la Chimica 1963 per lo studio sui polimeri, oggi sede di sperimentazioni e innovazioni come quella per l’idrogeno. Per la Rettrice Tiziana Lippiello «lo Statuto veneziano dei brevetti è il primo esempio di sistema brevettuale conosciuto a livello europeo e internazionale. Il brevetto, per le università, rappresenta l’incontro tra due obiettivi. I titoli di proprietà intellettuale fungono da presupposto per i processi di creazione d’impresa. Inoltre, il brevetto e le leve che le università possono usare per darlo in licenza, cederlo o sfruttarlo in collaborazione con partner esterni, è strumento con cui si rende disponibile al mondo, alla società, il risultato della ricerca».

 

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