Italia - Rassegna stampa settimanale dal 10 al 16 febbraio 2024

Le news tributarie più importanti della settimana raccolte dai professionisti di Fidinam Italia in materia di: Legislazione, Giurisprudenza, Prassi, Dottrina, Attualità

Legislazione

  • D.lgs. 209/2023, commentato in “Residenza fiscale, interessi economici esclusi dal nuovo criterio di domicilio”, IlSole24Ore del 12 febbraio 2024, pagina 17: Il decreto legislativo 209/2023 ridisegna – con decorrenza 1° gennaio 2024 – la nozione di residenza fiscale in Italia, modificando l’articolo 2, comma 2, del TUIR e raccogliendo, ma solo in parte, l’invito della legge delega 111/2023 ad applicare le best practice internazionali. Risulta invariata la verifica dei criteri alternativi di residenza, che deve essere effettuata per la maggior parte del periodo di imposta (almeno 183 giorni, 184 negli anni bisestili) escludendo quindi l’applicazione dello split year. Sul piano delle novità in materia, ai tre criteri alternativi della residenza, se ne aggiunge un quarto, ovvero quello della presenza nel territorio dello Stato sufficiente a determinare la residenza in Italia quando ricorre per la maggior parte dell’anno, computando anche le frazioni di giorno. Al contrario, perde rilevanza l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente (e, in parallelo, all’Aire), che non costituisce più presunzione assoluta di residenza, ma ammette una prova contraria.  Un ulteriore novità riguarda la variazione della definizione di domicilio, da intendersi quale «luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona». Una nozione che si distanzia da quella civilistica (e convenzionale) individuata dall’articolo 43 («sede principale dei suoi affari e interessi»), che faceva riferimento anche agli interessi economici.
  • Emendamento al decreto Milleproroghe, commentato in “Ravvedimento speciale anche sui redditi esteri a basso appeal”, IlSole24Ore del 15.02.2024, pagina 35: L’estensione del ravvedimento speciale alle violazioni riguardanti le dichiarazioni validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 riguarderà anche le sanzioni per l’infedele dichiarazione dei redditi prodotti all’estero, e quelle relative all’IVIE e all’IVAFE, ma non le sanzioni per l’omessa compilazione del Quadro RW. Se a prima vista pare particolarmente apprezzabile la riproposizione del ravvedimento speciale includendo le violazioni nel periodo d’imposta 2022, non si può ignorare il fatto che, con riferimento a questa annualità, la finestra concessa per beneficiarne è solo di 32 giorni perché fino al 28 febbraio (novantesimo giorno dalla scadenza ordinaria) sarà più conveniente presentare la dichiarazione correttiva (o tardiva) entro 90 giorni dal termine ordinario, indicando i redditi di fonte estera omessi. In questo modo sarà dovuta solo la sanzione per il tardivo versamento delle imposte sui redditi dell’IVIE e dell’IVAFE nella misura del 30% ridotta a 1/8, anziché quella (più elevata) per l’infedele dichiarazione ridotta, per effetto del ravvedimento speciale, a 1/18. La sanzione per omessa o infedele dichiarazione è in misura fissa 250 euro, ridotta a 1/9 (1/10 in caso di dichiarazione non presentata entro la scadenza ordinaria) e per il Quadro RW si applica la sanzione fissa di euro 258 ridotta a 1/9. Se il contribuente lascerà scadere tale termine, potrà, ma solo fino al 31 marzo, fruire del ravvedimento speciale, più oneroso rispetto alla dichiarazione correttiva o tardiva nei 90 giorni, soprattutto perché le sanzioni su cui si applica la riduzione a 1/18 saranno per infedele dichiarazione anziché omesso versamento, oltre alle sanzioni per il quadro RW ridotte ad 1/8 anziché 1/18. La norma potrebbe divenire attrattiva se fosse accompagnata anche da una mitigazione delle sanzioni per il quadro RW che sono del tutto spropositate.



Giurisprudenza

  • Ordinanza Cassazione n. 3993 del 13.02.2024, commentata in "Il bene non destinato all’impresa genera crediti <non spettanti>”, Il Quotidiano del Commercialista del 14.02.2024: La Cassazione, con l’ordinanza n. 3993 ha sancito un principio in merito alla distinzione tra crediti di imposta indebitamente compensati “inesistenti” e “non spettanti”. Gli Ermellini affermano che rientra nella meno grave forma della “non spettanza” il credito per investimenti nelle aree svantaggiate laddove, in violazione dell’art. 8 comma 7 della L. 388/2000, si controverta sulla necessaria adibizione del bene all’attività produttiva nel termine previsto dalla legge. La cosa interessante è che dalle Sezioni Unite sembra emergere un principio opposto, relativo ai crediti istituiti dalla legislazione speciale il cui utilizzo è subordinato a un obbligo di fare o di non fare. Per le Sezioni Unite, “tra gli elementi strutturali idonei ad assumere natura costitutiva del credito assume una particolare rilevanza l’esistenza di un obbligo di facere o di non facere. L’adempimento di un obbligo di tal genere, infatti, se, da un lato, condiziona l’esistenza e/o il mantenimento dell’agevolazione (e del diritto di credito), dall’altro si traduce nel compimento di una attività da parte del contribuente che, più di altre, non necessariamente è suscettibile di rilevazione in sede di controllo formale”. Al contrario, con l’ordinanza in analisi il caso del bene non adibito a funzioni produttive entro il termine previsto viene ritenuto rientrante nel genus della non spettanza, in quanto comunque esistente. Qualora tale orientamento dovesse venire confermato, si aprirebbero nuovi scenari in ordine alla distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti. Di fatti, il principio enunciato potrebbe essere applicato in una moltitudine di casi, ad esempio in tema di ricerca e sviluppo per le spese realmente sostenute, ma ritenute non agevolabili per una qualsivoglia ragione interpretativa. Del resto, la locuzione utilizzata dal legislatore per individuare i crediti inesistenti (mancanza del presupposto costitutivo) è oltremodo vaga.

Prassi

  • Risposta ad istanza di Interpello n. 33/2024 del 8.02.2024, commentata in "Non riduce la base ACE l’acquisto di partecipazioni da terzi", Il Quotidiano del commercialista del 9.02.2024: Con la risposta a interpello 33/2024 l’Agenzia delle Entrate ha esaminato la riduzione della base di calcolo dell’agevolazione in ragione dei corrispettivi per l’acquisizione o l’incremento di partecipazioni in società controllate già appartenenti ai soggetti del gruppo. Il caso specifico è quello di una società già titolare di una partecipazione di controllo (60%) in un’altra società, la quale acquista il 40% rimanente dall’altro socio, il quale non fa parte del gruppo. Sul tema era a suo tempo intervenuta la stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 21/2015, secondo cui la riduzione non opera se la partecipazione è stata acquistata sul mercato o, comunque, da soggetti non facenti parte del gruppo. Il chiarimento era stato fornito prima della revisione della normativa operata dal DM 3 agosto 2017, ma sulla situazione specifica questa revisione non ha effetto, posto che i criteri di valutazione del perimetro del gruppo interessato sono sempre gli stessi. Nella risposta n. 33/2024 l’Agenzia conferma che la ratio della disposizione in esame è quella di impedire che i corrispettivi in denaro (quelli in natura non rilevano) pagati per l’acquisizione delle azioni o quote possano “rientrare in circolo” all’interno del gruppo, innescando fenomeni di proliferazione della base di calcolo del beneficio in capo a più di un soggetto. Tale ragionamento è alla base della constatazione per cui i corrispettivi pagati per l’acquisizione di partecipazioni da soggetti extra gruppo non sono penalizzati. Ne consegue che il prezzo pagato per l’acquisizione del 40% della partecipazione di cui già si detiene il 60% non riduce la base ACE se il soggetto beneficiario delle somme non fa parte del gruppo. La risposta evidenzia in modo chiaro che questo principio vale non solo nel momento in cui la partecipazione è acquisita ex novo da terzi, ma anche ove la partecipazione sia già detenuta (e sia già detenuta in quanto quota di controllo) e sia acquisito da terzi il residuo.

 

Dottrina

  • “Immobili cointestati situati in Francia da indicare nel quadro RW”, Il Quotidiano del Commercialista del 16.02.2024: Diversi contribuenti residenti dimenticano ancora di segnalare all’interno del quadro RW gli immobili posseduti in Francia, di conseguenza, questa violazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati. Per i contribuenti che intendono sanare la loro posizione, è possibile beneficiare dell’istituto del ravvedimento, utilizzando come base di calcolo la sanzione minima del 3%, eventualmente ridotta a 1/6, 1/7 oppure 1/8 a seconda del periodo di imposta che si intende regolarizzare. Qualora il quadro RW venisse presentato con un ritardo non superiore a 90 giorni, occorre invece ridurre a 1/9 la sanzione fissa di 258 euro. Ciò premesso, la circ. n. 12/2016 ha chiarito che la sanzione deve essere determinata sul valore finale esistente al termine di ciascun periodo delle attività estere. Pertanto, in ottica ravvedimento ne conseguirebbe che, in presenza di più soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio in relazione al medesimo bene, ciascuno sarebbe tenuto a provvedere per il proprio quadro RW al versamento delle relative sanzioni sull’intero valore ivi indicato. Peraltro, a seguito del ravvedimento che coinvolge la proprietà di un immobile all’estero, nel caso di specie sorgerà anche un debito IVIE, alle cui sanzioni si applicano le norme in materia di IRPEF. Pertanto, per l’IVIE occorre pagare la sanzione del 90% da dichiarazione infedele ridotta per tutte le annualità caratterizzate dalla irregolarità, senza aumento del terzo in quanto non si tratta di redditi, ma di imposta patrimoniale. Inoltre, si segnala che i contribuenti sono esonerati dall’obbligo di monitoraggio fiscale per gli immobili situati all’estero per i quali non siano intervenute variazioni nel corso del periodo d’imposta, pur restando fermo l’obbligo di versare l’IVIE.

 

Attualità

  • “In Cina 1,9 milioni d’insegnanti di troppo per il calo degli abitanti”, IlSole24Ore del 14.02.2024, pagina 9: Brutale, ma vero; il tonfo del tasso di natalità implica che entro il 2035 la Cina avrà un surplus di 1,9 milioni di insegnanti. Sette anni fa le nascite di neonati in Cina hanno iniziato a diminuire e nel 2021, per la prima volta in due decenni, il numero di studenti della scuola materna è calato. In sostanza, il processo era cominciato nove anni prima rispetto alle stime, ma il Governo impiegò un mese buono a dare l’annuncio dopo aver ritardato la diffusione dei dati del censimento del 2020 e aver introdotto la legge del terzo figlio, accanto ad altre misure per favorire l’aumento del tasso di fertilità. La popolazione cinese è diminuita ancora più rapidamente nel 2023 per il secondo anno consecutivo ed in un anno la Cina ha perso più di due milioni di abitanti su una popolazione di poco più di 1,4 miliardi. Inoltre, Il numero dei lavoratori continua a diminuire, mentre aumenta quello dei pensionati, con conseguenze negative per il bilancio pubblico. Tra le cause del declino del tasso di natalità ci sono i costi dell’istruzione e la minore propensione al matrimonio, che in Cina è il requisito per avere figli. Le peggiori previsioni dicono che tra 27 anni la Repubblica Popolare Cinese potrebbe rappresentare appena l’11% della popolazione mondiale e tra 77 anni addirittura un risicato 4%.

 

Fidinam può aiutarti

La rassegna stampa settimanale di natura tributaria è a cura del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.

È possibile rivolgerci eventuali domande tramite l'apposito formulario.

Non perderti nulla! Iscriviti alla newsletter: