Nell’ottica di dare attuazione al processo di razionalizzare degli obblighi dichiarativi e favorire l’adempimento spontaneo previsti dalla Legge delega di riforma fiscale (L. 111/2023), il Consiglio dei ministri ha approvato il D.Lgs. “Accertamento”, attraverso il quale è stato istituito un nuovo concordato preventivo di durata biennale.
Dal punto di vista operativo, si tratta di un regime premiale proposto dall’Agenzia delle Entrate ad alcune tipologie di contribuenti.
La proposta di concordato è elaborata dall’Amministrazione finanziaria, tenuto conto (i) dei dati dichiarati dal contribuente e (ii) sulla base di un metodo che valorizzi le informazioni già in possesso dell’Agenzia e quelle ottenibili anche attraverso l’interconnessione di altre banche dati, anche di enti pubblici, limitando l’introduzione di nuovi adempimenti dichiarativi.
Sulla base delle informazioni raccolte, la proposta avrà ad oggetto la preventiva determinazione del carico impositivo di un futuro reddito potenziale, ferma -in ogni caso- la libera accettazione del contribuente al concordato.
I destinatari della proposta di concordato saranno i contribuenti che esercitano:
Oltre a ciò, a differenza del passato, non è più previsto un indice di affidabilità fiscale elevato (punteggio ISA almeno pari ad 8), bensì risulta sufficiente l’assenza di debiti tributari relativi al periodo d’imposta precedente a quelli di vigenza del concordato. Sul punto, si intendono debiti i tributi amministrativi, compresi interessi e sanzioni, di importo pari o superiore ad € 5.000,00.
Lo stesso limite si applica altresì ai debiti relativi ai contributi previdenziali accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti ad imposizione.
L’accettazione della proposta di concordato, a prescindere dal grado di affidabilità fiscale del contribuente, comporta la fruibilità di particolari benefici ISA. In particolare, l’accesso:
In aggiunta, i contribuenti in concordato non potranno essere sottoposti agli accertamenti presuntivi ex art. 39 del DPR 600/1973.
Il decreto in analisi prevede quale causa di decadenza l’accertamento, nei periodi d’imposta di vigenza, di attività non dichiarate o l’inesistenza o indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati.
Inoltre, la decadenza si integrerebbe anche nel caso in cui risultassero commesse altre violazioni di non lieve entità, quali la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli Indici di Affidabilità, tali da produrre un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%.
Il contribuente potrà aderire alla proposta di concordato entro il termine del 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione, coincidente con il termine ordinario per il versamento del saldo delle imposte da dichiarazione.
Più nel dettaglio, tuttavia, limitatamente al primo anno di applicazione, l’adesione dovrà avvenire entro il termine per la presentazione annuale della dichiarazione dei redditi, eccezionalmente fissato al 15 ottobre per il periodo d’imposta 2023, in luogo dell’ordinario 30 settembre.
Posto il carattere discrezionale di adesione alla proposta proveniente dall’Amministrazione finanziaria, è importante notare che un eventuale rifiuto collocherebbe inevitabilmente il contribuente nelle liste dei soggetti su cui si dovranno concentrarsi gli accertamenti.
Infatti, lo stesso art. 34, comma 2, del decreto in analisi prevede una maggiore attività di controllo nei confronti “dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.
Questo articolo è a cura di Lorenzo Portolano e Jacopo Carraro del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.
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