Arte e fiscalità: l’Italia cambia le regole del gioco

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Il mondo dell’arte in Italia potrebbe presto parlare una lingua più internazionale e competitiva, candidandosi a diventare hub europeo del mercato artistico.

Grazie all’introduzione dell’aliquota IVA agevolata al 5% per la cessione di opere d’arte, il Bel Paese si allinea - finalmente - agli standard europei e riapre il dialogo con collezionisti, galleristi e investitori, troppo spesso scoraggiati da un sistema fiscale penalizzante.

Un’opportunità per il mercato e per chi investe in arte

Fino ad oggi, le vendite di opere d’arte in Italia erano assoggettate all’aliquota ordinaria del 22%, contro il 5,5% applicato in Francia e il 7% in Germania. Questo squilibrio ha rallentato lo sviluppo del settore, portando molti operatori a delocalizzare le attività o a preferire giurisdizioni più favorevoli.

La nuova misura, introdotta con il DL “Omnibus” (art. 9 del DL 95/2025), rappresenta un’inversione di rotta: non solo favorisce la competitività del mercato interno, ma rende l’Italia più attrattiva anche per i collezionisti e investitori internazionali, promuovendo la circolazione delle opere e la valorizzazione del patrimonio culturale.

Con l’introduzione del nuovo n. 1-nonies alla Tabella A, parte II-bis del DPR 633/72, viene esteso il trattamento agevolato del 5% a tutte le cessioni di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione, includendo anche le importazioni. Si elimina così l’anacronistico vincolo soggettivo che, fino ad oggi, limitava l’agevolazione solo a vendite effettuate da autori, eredi o legatari.

Il cambiamento ha anche un forte impatto giuridico: l’adeguamento alla direttiva UE 542/2022, che ha abrogato il precedente articolo 103, segna la fine delle discriminazioni fiscali interne non più compatibili con il diritto comunitario.

 

 

IVA agevolata sì, ma occhio al regime del margine

Tuttavia, come ogni cambiamento fiscale, anche questa novità presenta implicazioni operative che richiedono attenzione.

Il beneficio dell’IVA ridotta è alternativo al regime del margine, da tempo utilizzato nel settore per semplificare il calcolo dell’imposta nei casi di rivendita.

La logica è chiara: non è possibile applicare contemporaneamente un’imposta ridotta e un regime speciale. Chi opta per l’aliquota al 5% dovrebbe dunque rinunciare all’applicazione del regime del margine, che prevede la tassazione solo sull’utile lordo della transazione.

 

Il rapporto tra il margine e l’IVA agevolata

Il regime del margine è un meccanismo IVA semplificato riservato a rivenditori professionali che acquistano beni da soggetti privati o da soggetti che non hanno detratto l’IVA all’origine. In questo caso, l’imposta non si applica sull’intero valore di vendita, ma solo sul margine di profitto del rivenditore, ovvero sulla differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto.

Questo regime è stato particolarmente utile per antiquari, gallerie e mercanti d’arte, in quanto evita effetti distorsivi nel caso di beni già tassati in precedenza. Tuttavia, la sua applicazione comporta anche alcune limitazioni, come l’impossibilità di detrarre l’IVA sugli acquisti e obblighi documentali specifici per tracciare correttamente il margine.

Con l’aliquota al 5%, il Legislatore italiano ha voluto offrire un’alternativa al regime del margine, da valutare attentamente in base alle caratteristiche dell’operazione e alla natura del soggetto cedente.

Il nuovo assetto normativo ha il merito di uniformare il trattamento IVA anche in caso di importazioni, fino ad oggi paradossalmente favorite rispetto agli acquisti interni. La norma mira quindi ad armonizzare e semplificare, ma impone al tempo stesso maggiore rigore nell’analisi delle singole operazioni commerciali.

Per le gallerie, antiquari e mercanti d’arte, ciò significa dover valutare ogni operazione in funzione della tracciabilità dell’opera, del regime IVA applicabile al momento dell’acquisto e della destinazione dell’opera (nazionale o estera).

 

La strategia fiscale diventa parte della valorizzazione

In questo nuovo scenario, la corretta pianificazione fiscale non è più un’opzione, ma uno strumento imprescindibile di valorizzazione dell’opera.

Chi compra o vende arte oggi deve tenerne conto non solo del valore culturale o finanziario, ma anche dell’impatto fiscale associato all’operazione. Un corretto inquadramento IVA, eventualmente associato a strumenti fiduciari, può contribuire a:

  • ottimizzare i flussi di imposta;
  • tutelare la riservatezza e il patrimonio;
  • strutturare transazioni cross-border in modo conforme e vantaggioso;
  • favorire la conservazione o la trasmissione generazionale delle collezioni.

 

 

Passione e competenza fiscale: un binomio vincente

In un settore dove emozione ed investimento si intrecciano, il ruolo dei professionisti si fa sempre più strategico.

È necessario affiancare ai collezionisti, agli artisti e agli operatori del mercato figure professionali in grado di tradurre le novità normative in soluzioni concrete, efficienti e sostenibili.

Fidinam Italia crede che l’arte debba poter circolare, essere apprezzata, protetta e valorizzata anche dal punto di vista fiscale.

Nel nuovo scenario aperto dalla recente modifica fiscale, è il momento giusto per ripensare le strategie di acquisto e gestione dell’arte, affidandosi a chi conosce non solo le regole del mercato, ma anche quelle - sempre più decisive - della fiscalità.

 

 

Fidinam può aiutarti

Questo articolo è a cura del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.

In caso di chiarimenti oppure per richiedere una consulenza fiscale, è possibile contattarci tramite l'apposito formulario.

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