Come cambia il concetto di residenza fiscale in Italia

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La previsione normativa

La nuova norma, sulla scorta delle prime bozze dei provvedimenti legislativi di riforma fiscale in circolazione, considera una persona fisica fiscalmente residente in Italia - e quindi tassata in applicazione del principio della wordwide taxation - se per la maggior parte del periodo d’imposta, comprese le frazioni di giorno,

  • ha la residenza che, come si avrà modo di vedere, viene intesa lato sensu;
  • ha il domicilio che, come si avrà modo di vedere, viene incentrato sulle relazioni personali e familiari;
  • è di fatto presente sul territorio dello Stato.
 

Da presunzione assoluta a relativa

Di impatto rilevante, risulta la novità che segna il passaggio da presunzione assoluta a presunzione relativa dell’iscrizione alle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta.

Infatti, a differenza dell’attuale formulazione, il “rapporto” tra contribuente ed iscrizione anagrafica, per ricondurre la residenza nello stesso nel territorio dello Stato, può essere superato concedendo allo stesso la possibilità di fornire prova contraria in merito al suo effettivo domicilio.

 

Il calcolo dei giorni

Ai fini del soddisfacimento del requisito temporale, in merito al concetto di “maggior parte del periodo d’imposta”, il Legislatore delegato prevede espressamente che si debbano considerare anche le frazioni di giorno.

In realtà, tale criterio si pone in linea con la posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria, in tema di individuazione del regime fiscale applicabile ai redditi da lavoro dipendente percepiti in Italia da soggetti residenti in Paesi con i quali sono in vigore convenzioni contro le doppie imposizioni.

 

I criteri di collegamento

Come sopra anticipato, altra modifica di rilievo è quella relativa alla declinazione dei criteri di collegamento con il territorio dello Stato rappresentati dalla residenza e dal domicilio.

Con specifico riferimento al concetto di “residenza”, per la sua identificazione non si fa più alcun rimando alle previsioni codicistiche, in ossequio alle quali (art. 43) la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Nulla esclude però che si possa continuare a far riferimento a tale definizione.

Più dirompenti, invece, sono le modifiche che interesseranno il concetto di “domicilio”, il quale non deve essere più identificato nel luogo in cui la persona fisica ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (da intendersi sia come interessi economici che personali), ma nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Appare chiaro che l’intento del Legislatore delegato si pone in un’ottica di semplificazione per gli interpreti che, in sede di accertamento dei requisiti, più di una volta si sono scontrati interpretazioni, soprattutto giurisprudenziali, quanto mai confuse.

Emblematico, sul punto, risulta la posizione della Cassazione che, soprattutto in ambito di “prevalenza tra interessi personali ed interessi economici”, ha più volte cambiato il proprio orientamento facendo prevalere dapprima uno e poi l’altro requisito.

Pertanto, dovrebbe essere - in primis - superata la necessità di richiedere all’interprete una complicata valutazione d’insieme di una serie di elementi non codificati e afferenti ad aspetti patrimoniali, economici, morali, sociali e personali, e, consequenzialmente, si auspica che elementi certi possano comportare una riduzione di avvio di procedimenti dell’Amministrazione finanziaria.

 

Presenza in Italia

Per quanto attiene al criterio della “presenza effettiva” nel territorio dello Stato, il quale si pone come criterio di chiusura, appare prestare il fianco a diverse interpretazioni. Tuttavia, tale criterio dovrebbe dover trovare applicazione limitata, considerando che in caso di fenomeni di doppia imposizione, dovrebbero trovare applicazione le previsioni convenzionali.

 
 

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Questo articolo è a cura di Alessandro Pace del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.

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