Il nuovo regime speciale per i lavoratori impatriati, introdotto dal DLgs. 209/2023 e in vigore dal 1° gennaio 2024, ha ridefinito in modo sostanziale la disciplina agevolativa destinata a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia.
La riforma mira a rendere il beneficio più selettivo e coerente con le finalità di attrazione di capitale umano qualificato, superando alcune criticità del precedente impianto normativo.
Allo stesso tempo, recenti interpretazioni dell’Amministrazione finanziaria hanno ampliato i potenziali destinatari del regime in analisi.
Il regime attuale per i trasferimenti dal 2024 prevede che i redditi di lavoro dipendente, assimilato o autonomo prodotti in Italia concorrano alla formazione del reddito complessivo solo per il 50%, fino al limite annuo di 600.000 euro.
Quest’ultimo opera come franchigia: l’eventuale superamento non comporterebbe la perdita del beneficio sulla parte agevolabile.
Per quanto riguarda la durata, l’agevolazione decorre dal periodo d’imposta di trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro successivi.
In aggiunta, la percentuale di imponibilità è ridotta al 40% in presenza di figli minori o in caso di nascite durante il periodo di fruizione, e tale riduzione resta valida anche se i figli diventano maggiorenni nel corso del regime.
L’agevolazione può essere applicata da entrambi i genitori, se in possesso dei requisiti.
Possono accedere al nuovo regime impatriati le persone fisiche che:
È richiesto, in ogni caso, il possesso del requisito professionale di elevata qualificazione o specializzazione.
Come anticipato, il nuovo art. 5 del D.Lgs. 209/2023 subordina l’accesso al regime impatriati al possesso di elevata qualificazione o specializzazione.
In linea con i più recenti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate (interpelli n. 71/2025 e 74/2025), tali requisiti assumono carattere alternativo, potendo essere soddisfatti:
L’Agenzia ha così superato l’interpretazione più rigida, riconoscendo che anche un lavoratore privo di laurea ma dotato di comprovata esperienza nel proprio ambito può essere considerato “altamente qualificato”.
Uno degli aspetti più rilevanti del nuovo regime riguarda la residenza fiscale estera pregressa, che diventa dirimente per l’accesso al beneficio.
In base all’art. 5 del D.Lgs. 209/2023, nell'ipotesi in cui l'attività sia prestata in favore dello stesso soggetto presso il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all'estero è di:
Il concetto di “gruppo” sarebbe circoscritto alle ipotesi di controllo di diritto, ai sensi dell’art. 2359 del Cod. civ., con esclusione dei meri rapporti di fatto.
Il nuovo regime impatriati, introdotto dal D.Lgs. 209/2023, punta a premiare i rientri qualificati, valorizzando competenze e professionalità maturate all’estero.
Con requisiti più chiari in tema di residenza estera e specializzazione, l’Italia mira ad attrarre lavoratori ad alto profilo, offrendo un vantaggio fiscale concreto e duraturo.
Per cogliere pienamente le opportunità del nuovo regime, è però essenziale una pianificazione preventiva accurata, che verifichi requisiti, tempistiche e coerenza del percorso professionale.
Un approccio strategico consente di trasformare l’incentivo fiscale in un vero strumento di rientro e valorizzazione del capitale umano internazionale.
Questo articolo è a cura di Lorenzo Portolano del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.
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