La nuova residenza fiscale delle persone fisiche in Italia

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Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. 27 dicembre 2023 n. 209 (cd. decreto internazionalizzazione), avvenuta lo scorso 28 dicembre 2023, hanno trovato attuazione le modifiche al sistema tributario italiano in materia di fiscalità internazionale previste dall’art. 3 comma 1 lett. c), d), e) ed f) della L. 111/2023 (cd. legge delega di riforma fiscale).

Fra le diverse novità introdotte, nel prosieguo si avrà modo di illustrare quella relativa alla rideterminazione dei criteri di collegamento della residenza fiscale delle persone fisiche previsti dall’art. 2 del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 (Tuir).

 

I nuovi criteri di collegamento della residenza fiscale delle persone fisiche

Nello specifico, infatti, l’art. 1 del D.Lgs. n. 209/2023 ha proceduto a riscrivere il comma 2 dell’art. 2 del Tuir, ovvero la norma che contiene i criteri individuati dal sistema tributario italiano per stabilire la residenza delle persone fisiche. Per comprendere la portata di tali modifiche, è opportuno riportare la successiva tabella attraverso la quale è facilmente confrontabile il testo previgente dell’art. 2 rispetto alla versione innovata dal Decreto internazionalizzazione.

Art. 2 DPR. N. 917/86

Versione previgente

Versione introdotta dal D. Lgs. n. 209/2023

1. Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.

Immutato

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello
Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

 Immutato

 

 

Prima della riforma, erano considerate residenti in Italia le persone che – alternativamente e per la maggior parte del periodo d’imposta (i.e. 183 giorni, 184 negli anni bisestili) – risultavano iscritte all’Anagrafe della Popolazione Residente o che avevano in Italia il domicilio oppure la residenza ai sensi del Codice Civile (c.c.). Proprio il generico riferimento alle definizioni civilistiche di residenza e, soprattutto, di domicilio, ha dato origine nel tempo ad orientamenti giurisprudenziali e di prassi discordanti nel valorizzare in alcuni casi i rapporti familiari mentre in altri quelli economici, rendendo non sempre facile la corretta integrazione della residenza fiscale in Italia e dando luogo, conseguentemente, all’instaurarsi di molteplici contenziosi.

Per dirimere tali incertezze, con la citata riforma è stato previsto che – con decorrenza dal 1° gennaio 2024 – sono da considerarsi residenti le persone che per la maggior parte dell’anno abbiano la residenza ai sensi del c.c. o il domicilio in Italia, ovvero siano ivi presenti. In particolare – e differentemente da quanto previsto in precedenza – la stessa norma specifica come per domicilio debba intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”.

Ulteriori elementi di novità introdotti dalla riforma sono relativi:

  • alla nuova rilevanza, ai fini del computo dei giorni trascorsi in Italia o all’estero, anche delle frazioni di giorno;
  • all’inserimento di un nuovo criterio di collegamento relativo alla presenza sul territorio italiano;
  • al “declassamento” dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente a presunzione relativa di residenza per la quale è quindi ora possibile fornire prova contraria volta a dimostrare l’effettiva residenza fiscale estera.

Conclusioni critiche

In attesa dei primi chiarimenti ufficiali, non si può non rilevare in prima battuta come, sebbene l’intervento di riforma fosse volto ad una semplificazione, scelte come quella di prediligere gli interessi affettivi, che nel contesto sociale attuale si caratterizzano per peculiarità e mobilità molto lontane dal concetto più tradizionale di relazioni personali e familiari, al pari di quelle di dare rilevanza alle frazioni di giorno nel computo del periodo di permanenza in uno Stato e di valorizzare la presenza in Italia, abbiano nei fatti aggiunto ulteriori elementi di complessità nella valutazione/individuazione della residenza fiscale delle persone fisiche in Italia.

Inoltre, non va taciuto come la riforma sia stata un’occasione, purtroppo persa, per inserire all’interno della normativa italiana un’apposita previsione sul frazionamento del periodo d’imposta (cd. Split year) che avrebbe consentito così di risolvere più agevolmente i casi di doppia residenza fiscale che spesso scaturiscono nelle fattispecie di trasferimento di residenza delle persone fisiche in corso d’anno.


Fidinam & Partners

Questo articolo è a cura di Luca Guidotti del Centro di Competenza Corporate Service di Fidinam & Partners. Per rivolgerci domande specifiche sulla tematica in oggetto, contattaci.

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