Italia: imposizione trasferimento all'estero di una società Holding

Con il principio di diritto n. 10/2021 dello scorso 11 maggio 2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i propri chiarimenti sulla tassazione applicabile alle fattispecie dei trasferimenti di residenza all’estero delle società holding e più nello specifico all’eventuale applicazione del regime di participation exemption alle plusvalenze generate dalla delocalizzazione all’estero di un compendio aziendale nel quale sia ricompresa una (o più) partecipazioni.

Sebbene il principio in oggetto estenda anche ai casi di trasferimento di sede all’estero, i precedenti chiarimenti in materia di tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di azienda, lo stesso, tuttavia, come si avrà modo di illustrare nelle conclusioni, lascia ancora aperti diversi dubbi applicativi.


Il richiamo alla disciplina relativa alla tassazione delle plusvalenze nell’ambito di una cessione di azienda

Il punto di partenza dell’intervento di prassi in commento è rappresentato dalla precedente circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006 dove al paragrafo 5.2 la stessa Amministrazione finanziaria aveva avuto modo di chiarire come nei casi di cessione di un compendio aziendale, comprensivo anche di una partecipazione, il corrispettivo ricevuto per la cessione costituisce un valore riferito all’intera azienda (e non a singoli beni facenti parte della stessa) e, conseguentemente, come dalla plusvalenza generata dalla stessa cessione, non potesse essere estrapolata la quota parte riferibile al capital gain conseguito sulla cessione della partecipazione – potenzialmente soggetto a tassazione ridotta del 5% in applicazione del regime di participation exemption di cui all’art. 87 del DPR. n.917/1986 (“TUIR”) – ma che la stessa dovesse essere assoggettata unitariamente ed interamente a tassazione ai sensi dell’articolo 86 del TUIR.

Il chiarimento appena richiamato trova il proprio fondamento nel principio generale di natura civilistica dell’unitarietà dell’azienda che, ai sensi dell’art. 2555 del Codice Civile, è definito quale “complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” che ha trovato specifica trasposizione sul piano fiscale nella previsione di cui all’art. 86 del TUIR nella parte in cui si fa riferimento alla plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda come “unitariamente determinata”.

Estensione del trattamento ai casi di “exit” dall’Italia

Nell’ambito del principio di diritto n. 10/2021, l’Agenzia delle Entrate ribadisce come i principi testé richiamati debbano trovare applicazione non solo nel caso in cui la plusvalenza sia generata per effetto di una cessione ma, più in generale, in presenza di qualsivoglia fattispecie realizzativa ivi inclusa anche quella relativa al trasferimento all’estero della residenza di una società di cui all’art.166 del TUIR ovvero alle altre fattispecie a quest’ultima assimilate dal medesimo articolo aventi ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda. Tale assimilazione, invero, era già contenuta nell’art. 166 del TUIR che nel disciplinare in maniera organica il trattamento fiscale relativo all’imposizione in uscita prevede, infatti, come nei casi in cui il collegamento con il territorio dello Stato si recida in relazione ad un complesso aziendale, la plusvalenza sia “unitariamente determinata” e “pari alla differenza tra il valore di mercato complessivo e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto delle attività e passività del soggetto che trasferisce la residenza fiscale che non sono confluite nel patrimonio di una stabile organizzazione di tale soggetto situata nel territorio dello Stato”.

Sulla scorta di tali principi, l’Agenzia delle Entrate conclude l’intervento di prassi in commento ribadendo come anche qualora oggetto di delocalizzazione all’estero sia un compendio aziendale anche prevalentemente costituito da partecipazioni, il regime di participation exemption astrattamente applicabile alle partecipazioni ricomprese nello stesso compendio non debba trovare applicazione in luogo della tassazione unitaria dell’intera plusvalenza generata.

Conclusioni critiche

Come sottolineato da parte di attenta dottrina, l’intervento di prassi in commento, riferendosi al trasferimento all’estero di una “generica” holding (non andando, invece, a distinguere se si tratti di holding pura, mista o di gestione), si caratterizza per una formulazione piuttosto enigmatica che non consente a pieno di capirne il relativo ambito di applicazione.

Più nello specifico, infatti, l’assimilazione della fattispecie di trasferimento di sede all’estero a quella della cessione di azienda, comportante l’assoggettamento a tassazione della plusvalenza in maniera unitaria, se pacifica nei casi in cui oggetto del trasferimento sia un’azienda nell’accezione civilistica di insieme di beni nel quale (anche) le partecipazioni abbiano un collegamento funzionale con gli altri beni sociali, crea, invece, più di un dubbio nel caso di delocalizzazione di una cd. “holding pura”, situazione in cui risulta difficile l’atteggiarsi di una vera e propria azienda nel senso più volte richiamato.

Tale criticità è tanto più evidente alla luce del fatto che l’art. 166 del TUIR, non solo disciplini il regime di tassazione unitaria della plusvalenza nei casi in cui oggetto di trasferimento all’estero sia un’impresa commerciale ovvero un’azienda, ma anche quello applicabile alla delocalizzazione di singoli o più beni non costituenti un’azienda prevedendo per tali fattispecie una determinazione e tassazione della plusvalenza in maniera separata per ogni singolo cespite che porterebbe nei casi delle partecipazioni all’applicazione della tassazione secondo il regime della participation exemption.

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