Con una recente sentenza datata 3 aprile 2025, la Corte di Giustizia Europea (“CGUE”) si è pronunciata sulla causa C-228/24 (Nordcurrent Group UAB contro Valstybinė mokesčių inspekcija), fornendo interessanti chiarimenti in merito all’interpretazione della clausola antiabuso prevista dalla Direttiva 2011/96/UE (“Direttiva madre-figlia”), finalizzata, come noto, ad eliminare la doppia imposizione sui dividendi intra-UE.
Date le importanti implicazioni di natura pratica rinvenienti dalla pronuncia in oggetto, nel prosieguo, si procederà sinteticamente a descrivere il caso di specie che ha dato luogo alla causa per poi soffermarci sulle conclusioni raggiunte da parte della CGUE.
La controversia nasce in Lituania, dove la locale amministrazione fiscale aveva negato l’esenzione sui dividendi corrisposti da una società controllata estera britannica alla capogruppo lituana Nordcurrent Group UAB, ritenendo che la stessa controllata estera, in quanto non dotata di una sede operativa e di un’adeguata dotazione di personale, avendo solo un unico direttore, rientrasse nella nozione di “costruzione non genuina” priva di valide ragioni commerciali.
Contro tale decisione ha presentato ricorso il contribuente che sosteneva, invece, da una parte come la propria controllata avesse una funzione economica reale, rappresentata dall’attività di intermediazione fra la casa madre e le piattaforme digitali di distribuzione dei propri giochi elettronici, dall’altra l’assenza di vantaggi fiscali dato che la controllata era tassata in UK con un’aliquota maggiore rispetto a quella applicata in Lituania.
I giudici tributari lituani, sospendendo il relativo procedimento, decidevano di sottoporre alla CGUE le seguenti questioni pregiudiziali:
Con riferimento alla prima questione, la CGUE ha confermato la possibilità di applicare la disposizione antiabuso, anche quando la controllata non è una società interposta e gli utili distribuiti sono stati generati da una sua effettiva attività, purché sussistano gli elementi costitutivi di una pratica abusiva che ricorrono allorquando la controllata, tenuto conto della situazione concreta e complessiva della stessa, risulti non genuina in quanto caratterizzata dall’assenza di valide ragioni economiche che riflettano una realtà economica.
Con riferimento al secondo quesito, considerato che nella disposizione antiabuso non vi è alcun elemento che induca a ritenere rilevante unicamente la situazione al momento del pagamento dei dividendi, la stessa norma, nel valutare se una società debba (o no) essere considerata non genuina, deve essere applicata a parere della CGUE prendendo in considerazione l’insieme dei fatti e delle circostanze rilevanti nelle diverse fasi di vita della stessa controllata.
Infine, la CGUE arriva a concludere come, affinché i benefici della Direttiva vengano negati, non occorra solo dimostrare come la controllata sia non genuina (rectius priva di ragioni/sostanza economica), ma altresì dimostrare come la stessa sia stata costituita con l’obbiettivo di conseguire un vantaggio fiscale in contrasto con lo scopo della stessa Direttiva. Su tale ultimo punto la nozione di vantaggio fiscale, a giudizio della CGUE, non può essere rappresentato soltanto dall’esenzione prevista sui dividendi, ma deve tenere conto anche delle differenze di aliquota esistenti fra gli Stati membri della società madre e della figlia.
La sentenza in commento inserendosi all’interno del filone giurisprudenziale della Corte UE in materia di abuso di diritto[1], ne rappresenta in qualche modo un’evoluzione pregiandosi, attraverso l’enunciazione degli importanti principi sopra riportati, di avere contribuito a meglio definire i confini fra struttura/pratiche abusive ed il principio tutelato di libertà di stabilimento.
Sulla scorta della stessa, le strutture transfrontaliere dovranno a livello operativo prestare ancora maggiore attenzione non solo a documentare adeguatamente le ragioni commerciali/economiche alla base della costituzione delle controllate estere, ma anche a monitorare il costante mantenimento della relativa genuinità delle stesse soprattutto in caso di mutamento successivo delle condizioni.
Un ulteriore aspetto che dovrà essere meglio gestito riguarda la valutazione dell'effetto fiscale generato dalla struttura transfrontaliera che dovrà considerare il carico fiscale complessivo delle operazioni effettuate lunga la catena partecipativa.
Questo articolo è a cura di Luca Guidotti del Centro di Competenza Corporate Service di Fidinam & Partners. Per rivolgerci domande specifiche sulla tematica in oggetto, contattaci.