Non discriminazione sui fondi d’investimento esteri UE ed Extra-UE

La Corte di Cassazione italiana ha stabilito la non discriminazione delle distribuzioni ai fondi d’investimento esteri UE ed Extra-UE.

 
  Nella prima metà dello scorso mese di luglio la sezione tributaria della Corte Suprema di Cassazione italiana ha pubblicato diverse sentenze in cui ha stabilito che le ritenute applicate su dividendi di fonte italiana distribuite a Fondi (OICR) esteri (sia UE che Extra-UE) sono contrarie al principio di libera circolazione dei capitali sancito dall’art. 63 del T.F.U.E. (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) poiché il medesimo reddito, ove percepito da un fondo di diritto italiano sarebbe stato esente o assoggettato ad aliquota inferiore.

In particolare le sentenze della Cassazione civile, sez. V, n. 21454, 21475, 21479, 21480, 21481 e 21482 del 6 luglio hanno trattato il caso di sei fondi d’investimento mobiliari di diritto USA (California) che hanno ricevuto dividendi da società italiane quotate in borsa negli anni dal 2007 al 2010 e a cui, in conformità alla Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra Italia e USA, era stata applicata una ritenuta del 15%. Ritenendo che il trattamento fiscale subito fosse irragionevolmente penalizzante rispetto a quello riservato ai fondi d’investimento italiani (soggetti ad un’imposta sostitutiva del 12,5% sul risultato netto di gestione) i fondi USA hanno presentato apposite istanze di rimborso della maggiore tassazione subita ai sensi dell’art. 63 del T.F.U.E. all’amministrazione finanziaria, alla Commissione Tributaria Provinciale, alla Commissione Tributaria Regionale ed infine, in seguito al mancato accoglimento delle proprie richieste, hanno adito la Corte di Cassazione. Quest’ultima, richiamando anche la sentenza della Corte di Giustizia del 10.04.2014 relativa alla causa 190/2012 “Emerging markets ”, ha riconosciuto che il principio della parità di trattamento dell’art. 63 del T.F.U.E. si applica anche nei confronti di soggetti residenti in Paesi terzi Extra-UE che consentono un adeguato scambio d’informazioni con l’Italia, accogliendo le istanze dei ricorrenti e disponendo il rimborso parziale delle ritenute subite nei limiti della differenza tra il 15% ed il 12,15%.

Con le sentenze n. 215781, 21587, 21598, 21599, 21610, 21641, 21642, 21643, 21645, 21647, 21882, 22263, 22268 e 22271 (pubblicate dal 7 al 14 luglio 2022) la Sez. V della Corte di Cassazione civile ha trattato invece i ricorsi di diversi fondi d’investimento mobiliari di diritto tedesco, di tipo “aperto” e soggetti all’autorità tedesca di vigilanza dei mercati finanziari, che nel 2003 hanno subito una ritenuta del 15% (applicata in conformità alla CDI esistente tra Italia e Germania) sui dividendi distribuiti da società italiane quotate in borsa.

La Corte di Cassazione ha stabilito che tali ritenute sono da considerarsi discriminatorie ai sensi dell’art. 63 del T.F.U.E. poiché i medesimi dividendi, qualora distribuiti ad organismi d’investimento mobiliare italiani, avrebbero beneficiato dell’esenzione totale dall’imposta sostitutiva del 12,5% sul risultato della gestione (come previsto all’epoca dall’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 461 del 1997) e ha pertanto disposto il rimborso integrale della ritenuta del 15% subita.

Le sentenze summenzionate risultano di particolare importanza se si considera che la normativa italiana ha introdotto sin dal 1° luglio 2011 l’esenzione dall’imposta sostitutiva del 12,5% per i fondi d’investimento mobiliari italiani ma l’ha estesa ai corrispettivi fondi UE solo a partire dal 1° gennaio 2021. Tale esenzione inoltre non è ancora stata estesa ai fondi extra-UE residenti in Paesi terzi che consentono un adeguato scambio d’informazioni. Alla luce di queste sentenze i fondi comuni d’investimento esteri dovrebbero valutare l’opportunità di presentare istanze di rimborso per le ritenute subite in periodi non ancora prescritti.

Infine le citate sentenze della Corte di Cassazione assumono rilievo anche per aver ribadito la soggezione del diritto nazionale e dei trattati internazionali conclusi dai Paesi membri UE con Stati terzi al diritto comunitario, obbligando gli organi giurisdizionali e l’amministrazione finanziaria nazionale a disapplicare le norme interne o di diritto internazionale convenzionale contrastanti con le disposizioni ed i principi di diritto comunitario.
 
Questo articolo è a cura di Fabrizio Ghidini responsabile  del Centro di Competenza Fiscale Internazionale di Fidinam & Partners SA
 
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