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Il trust in Italia: segregare il patrimonio, ma con metodo

Scritto da Fidinam News | 24/10/25

Il trust, istituto di diritto anglosassone e recepito in Italia, è oggi una delle soluzioni più apprezzate per chi desidera proteggere, gestire e trasmettere il proprio patrimonio in modo fiscalmente efficiente e flessibile.

È uno strumento capace di adattarsi a molteplici finalità - dalla tutela del patrimonio familiare alla successione generazionale. Tuttavia, come ogni strumento giuridico complesso, il trust opera in modo efficace solo se istituito correttamente.

La distinzione tra trust trasparente e opaco

Dal punto di vista del regime fiscale applicabile, si distinguono due livelli impositivi in relazione alla natura del trust.

  • Trust trasparente: i Beneficiari di reddito sono individuati perché titolari del diritto giuridico a ricevere la loro quota del trust fund. In questo caso, i redditi prodotti vengono imputati direttamente ai Beneficiari, anche se non materialmente percettori dei beni contenuti in trust.
  • Trust opaco: i Beneficiari non sono individuati; pertanto, i redditi vengono assoggettati ad imposizione in capo al trust in qualità di soggetto passivo IRES.

 

 

Il rischio di interposizione

La principale minaccia alla validità fiscale del trust è la mancanza di autonomia effettiva del Trustee.
Un trust potrebbe essere considerato interposto - e quindi fiscalmente inesistente - quando il Disponente o i Beneficiari mantengono poteri tali da condizionare o controllare la gestione dei beni.

Potenziali indizi di interposizione si incardinano quando:

  • il Disponente conserva il diritto di revocare liberamente il trust o modificare i Beneficiari;
  • il Trustee non può agire senza il consenso del Disponente o dei Beneficiari;
  • i Beneficiari o il Disponente influenzano direttamente o indirettamente le scelte gestionali del Trustee.

In tali ipotesi, il trust ben potrebbe essere riqualificato da parte dell’Amministrazione finanziaria come inesistente, con la conseguenza che l’effetto segregativo svanisce.

 

I recenti interpelli 

Due recenti casi hanno chiarito come l’Agenzia delle Entrate interpreta, ad oggi, il confine tra un trust validamente istituito ed un trust interposto.

Nel caso oggetto della risposta n. 267/2023, il Disponente aveva istituito un trust residente in Italia trasferendo una partecipazione di controllo in una holding familiare. Una prima versione dell’atto era stata considerata inesistente, perché il Disponente manteneva poteri di nomina degli amministratori e influenza indiretta sul Trustee tramite il Guardiano.

Solo dopo la modifica delle clausole - eliminando la possibilità di revocare o nominare liberamente il Guardiano, di modificare i Beneficiari e di dare istruzioni vincolanti - l’Agenzia ha riconosciuto la piena autonomia del Trustee e la validità del trust come soggetto passivo IRES.

Diverso l’esito per i trust esaminati nella risposta n. 258/2024, istituiti negli Stati Uniti a favore di una Beneficiaria residente in Italia.

L’Agenzia delle Entrate ha qualificato due trust come interposti, poiché le clausole prevedevano la possibilità per la Beneficiaria di revocare e sostituire il Trustee o di autorizzare atti rilevanti (come vendite o locazioni).

In sostanza, la Beneficiaria manteneva un certo controllo sulla gestione, sufficiente - secondo l’Amministrazione finanziaria - a configurare un’ingerenza tale da rendere il trust fiscalmente inesistente.

 

L’importanza dell’atto istitutivo

Posto ciò, la prassi più recente confermerebbe che la fragilità di molti trust nasce dalla superficialità nella redazione dell’atto istitutivo.

Eppure, è proprio nella formulazione dell’atto istitutivo che si determina la differenza tra un trust fiscalmente riconosciuto e un trust suscettibile di riqualificazione da parte dell’Agenzia delle Entrate per carenza di autonomia sostanziale rispetto al Disponente.

Un trust fiscalmente esistente non è quello giuridicamente più complesso, ma quello istituito da un apposito atto che:

  • definisce in modo puntuale ruoli, poteri e limiti di Disponente, Trustee e Guardiano;
  • esclude l’ingerenza del Disponente o dei Beneficiari sulle decisioni del Trustee, che deve poter agire in autonomia e secondo le finalità dell’atto; e
  • precisa le modalità e le condizioni di attribuzione dei beni del trust fund.

 

 

Conclusioni

Il trust rappresenta oggi in Italia uno strumento sofisticato: può offrire un’elevata tutela patrimoniale, ma solo se istituito con rigore giuridico e coerenza sostanziale.

Per questo, una preventiva consulenza di professionisti esperti rappresenta una condizione imprescindibile per assicurare la piena validità dello strumento e la protezione dei beni, evitando potenziali contestazioni da parte dell’Autorità fiscale.

 

Fidinam può aiutarti

Questo articolo è a cura di Lorenzo Portolano, Federico Vecchiattini e Iacopo Carraro del team di consulenza fiscale di Fidinam Italia.

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