Fidinam - Rassegna stampa

Italia - Rassegna stampa settimanale dal 30 novembre al 6 dicembre 2024

Scritto da Fidinam News | 06/12/2024

Le news tributarie più importanti della settimana raccolte dai professionisti di Fidinam Italia in materia di: Legislazione, Giurisprudenza, Prassi, Dottrina, Attualità

Legislazione

    • Novità del D.lgs. 180/2024 attuativo della direttiva 2022/542/UE, in Gazzetta Ufficiale il 30.11.2024, commentato in “Dal 1° gennaio 2025 nuova territorialità IVA per gli eventi in streaming”, Il Quotidiano del Commercialista del 2.12.2024: L'art. 3 del D.lgs. 180/2024 introduce nuovi criteri di territorialità IVA per gli eventi resi virtualmente e i relativi servizi di accesso, in conformità con la direttiva 2022/542/Ue (da recepire entro il 31.12.2024). Le novità in termini di territorialità sono efficaci dall'1.1.2025. L'art. 7-quinquies del DPR 633/72 è implementato con riferimento alle prestazioni di servizi, rese via streaming o in altre modalità virtuale relativi ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, comprese fiere ed esposizioni, nonché ai servizi di accesso alle predette manifestazioni, includendo anche i servizi accessori. Le prestazioni di servizi B2C, rese virtualmente, secondo la nuova disposizione, devono considerarsi effettuate nel territorio dello Stato quando il committente ivi è domiciliato oppure se è ivi residente senza domicilio all'estero. Per i servizi B2B, relativi all'accesso alle manifestazioni, resi virtualmente, invece, tornerà applicabile il luogo di stabilimento del committente ai sensi dell'art. 7-ter del DPR 633/72.
    • D.lgs. di riforma del regime impositivo dei redditi (IRPEF e IRES), commentato in:
      - “Via libera definitivo alla riforma di IRPEF e IRES”, Il Quotidiano del Commercialista del 4.12.2024: Il Consiglio dei Ministri del 3.12.2024 ha approvato in esame definitivo il D.lgs. di riforma del regime impositivo dei redditi (IRPEF e IRES). Il provvedimento, attuativo della legge delega sulla riforma fiscale (L. 111/2023), introduce diverse novità in materia di redditi agrari, redditi da lavoro dipendente, autonomo e d'impresa. In materia di lavoro autonomo, viene completamente riscritto l'art. 54 del TUIR, stabilendo che il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori a qualunque titolo percepiti e l'ammontare delle spese sostenute nel medesimo periodo d'imposta. Le somme e i valori percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d'imposta si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l'obbligo per quest'ultimo di effettuazione della ritenuta. Non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di: (i) contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde; (ii) rimborso delle spese sostenute dall'esercente arte o professione per l'esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente; (iii) riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l'uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l'esercizio dell'attività e per i servizi a essi connessi.
      - “Il valore fiscale dell’avviamento passa alla società conferitaria”, Il Quotidiano del Commercialista del 5.12.2024: Il D.lgs. di riforma dell'IRPEF e dell'IRES interviene sull'art. 176 del TUIR, con una modifica volta a precisare che l'avviamento iscritto nell'attivo patrimoniale del soggetto conferente si trasferisce al soggetto conferitario anche fiscalmente. L'intento del legislatore è quello di risolvere il contrasto interpretativo in merito al trasferimento, nell'ambito di un conferimento d'azienda, dell'avviamento fiscalmente riconosciuto iscritto nel bilancio del soggetto conferente. La modifica prevista dal decreto è pienamente condivisibile anche se resta qualche perplessità circa la decorrenza, considerato che la modifica si applica ai conferimenti di azienda effettuati dalla data di entrata in vigore del decreto. Di conseguenza, la riforma lascia le porte aperte a possibili contestazioni relativamente ai conferimenti d'azienda effettuati prima dell'entrata in vigore del decreto e non risolve il problema dei contenziosi in essere. 

Giurisprudenza


  • Ordinanza Cassazione, n. 30812 del 2.12.2024, commentata in "La rinuncia dei soci ai crediti non si deduce", Il Quotidiano del Commercialista del 3.12.2024: La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in oggetto, ha affermato che, in caso di rinuncia a crediti da parte di soci, trovano applicazione le norme che disciplinano i rapporti di debito/credito tra socio e società (nella specie, l’art. 94 comma 6 del TUIR, che, nella versione ratione temporis vigente, stabiliva che, in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione) e non le disposizioni di carattere generale operanti nei confronti dei soggetti terzi. La rinuncia al credito da parte del socio esprime, infatti, la volontà di patrimonializzare la società e non può essere equiparata alla remissione di un debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale (Cass. n. 7636/2017). Ove, quindi, come nel caso di specie, intercorra un rapporto di cointeressenza tra la società creditrice e la società partecipata, la rinuncia al credito non deve essere considerata, ai fini fiscali, una perdita su crediti, ma un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (Cass. n. 5422/2023). La fattispecie si caratterizza per il fatto che la rinuncia era intervenuta (nel periodo d’imposta 2005) nell’ambito di un accordo transattivo, che prevedeva complesse e reciproche concessioni.
  • Sentenza Cassazione, Sez. Pen, n. 44507 del 5.12.2024, commentata in "Prova stringente per il dolo di evasione", Il Quotidiano del Commercialista del 6.12.2024: Con la sentenza in oggetto, la Cassazione ha annullato la condanna (reclusione alla pena di un anno e sei mesi) e la confisca nei confronti della legale rappresentante di una società accusata di aver omesso di presentare la dichiarazione a fini IRES per un importo di circa 90.000 euro. Tale pronuncia si sofferma sulla stringente prova del dolo specifico di evasione che deve sorreggere la contestazione del reato di omessa dichiarazione previsto dall'art. 5 del D.lgs. 74/2000, non essendo sufficiente né la mancata tenuta pluriennale della contabilità, né la prova del dolo generico "dichiarativo". Il dolo deve, peraltro, investire anche l'elemento costitutivo rappresentato dal superamento della soglia di punibilità normativamente richiesta dalla legge.

Prassi

  • Risposta ad istanza di interpello n. 238 del 2.12.2024, commentata in "Il rientro in Italia blocca l’agevolazione prima casa per l’emigrato all’estero", Il Quotidiano del Commercialista del 3.12.2024: L’Agenzia delle Entrate, con la risposta in oggetto, ha escluso l'applicabilità dell'agevolazione prima casa nel caso in cui un soggetto che, seppur trasferito all’estero, risulti rientrato in Italia, ma non abbia già trasferito la residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto oppure non si sia obbligato a trasferire in tale Comune la propria residenza entro 18 mesi dal giorno del rogito. Nel caso di specie, un soggetto, dopo aver lavorato per anni in Italia (dove era residente) si era trasferito all'estero ed iscritto all'AIRE. Era, poi, tornato in Italia per occuparsi "dell'assistenza familiare" lavorando con contratti a tempo determinato. In questo lasso di tempo, nel 2023, aveva comprato casa in Italia, chiedendo le agevolazioni di cui alla Nota II-bis all'art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 ed impegnandosi a trasferire la residenza entro 18 mesi. Ora, vorrebbe rettificare la dichiarazione resa in atto sostituendola con quella avente ad oggetto le condizioni agevolative previste per i soggetti emigrati all'estero per motivi di lavoro (dopo le modifiche dell'art. 2 del DL 69/2023), posto che non ha intenzione di tornare in Italia in modo stabile. L'Agenzia delle Entrate ritiene, però, che nel caso di specie non sussistano le condizioni agevolative previste per i soggetti emigrati all'estero per ragioni di lavoro, le quali presuppongono che, al momento dell'atto, il soggetto sia effettivamente trasferito all'estero (cfr. la circ. 3/2024), mentre nel caso di specie, in quel periodo il contribuente era in Italia e ivi lavorava con contratti a tempo determinato.

Dottrina


  • Trust, tassazione all’entrata da modulare”, IlSole24Ore del 2.12.2024, pagina 24: Il regime di tassazione all’entrata previsto dal nuovo articolo 4-bis, comma 3, del Tus (introdotto dal D.lgs. 139/2024) è strutturato nel presupposto che l’imposta pagata dal disponente al momento del distacco dal patrimonio, o dal trustee all’apertura della successione, sia determinata in funzione della categoria a cui appartengono i beneficiari ai quali tale patrimonio viene successivamente trasferito. Per categorie di beneficiari si intendono quelle individuate dai novellati articoli 7 e 56 del Tus. Ne consegue che, se il patrimonio viene trasferito a un beneficiario appartenente a una categoria diversa da quella per cui è stato assolto il tributo, il pagamento effettuato “all’entrata” non esonera il beneficiario dal dover pagare l’imposta ordinariamente dovuta. Inoltre, quanto inutilmente pagato “all’entrata” dal disponente o dal trustee non può essere chiesto a rimborso. La norma non presenta particolari problemi nel caso in cui tutti i beneficiari appartengano alla medesima categoria. È l’ipotesi, ad esempio, in cui beneficiari sono solo il coniuge e i discendenti del disponente. Tuttavia, in molti casi, i beneficiari appartengono a categorie diverse. L’Autore ritiene che una ragionevole soluzione che consentirebbe di gestire in modo efficace la grande variabilità di casi che possono presentarsi, al tempo stesso tutelando le ragioni dell’Erario, sia quella di consentire al disponente (o al trustee nei trust testamentari) di segmentare il patrimonio istituito in trust per quote idealmente destinate alle varie categorie di beneficiari, corrispondendo l’imposta in funzione di tale segmentazione. La quale avrà ovviamente valenza solo fiscale e non inficerà in alcun modo la discrezionalità del trustee nelle sue scelte di impiego o attribuzione del patrimonio, che dovranno rispettare solo le previsioni dell’atto istitutivo. Una simile soluzione incrementerebbe l’interesse per la tassazione all’entrata, favorendo così l’obiettivo perseguito dal legislatore di incentivare l’anticipazione del pagamento del tributo successorio e donativo.
  • Esenzione per i titoli di Stato valida solo nel trust testamentario”, Il Quotidiano del Commercialista del 6.12.2024: Con la circolare n. 22 del 27.11.2024, Assonime ripercorre le norme contenute nel D.lgs. 139/2024, emesso in esecuzione della delega contenuta nell'art. 10 della L. 111/2023. Per quanto concerne le norme di riforma dell'imposta di successione e donazione (D.lgs. 346/90), si rileva l'importanza, tra il resto, del neo introdotto art. 4-bis del D.lgs. 346/90, che contiene un'apposita disciplina per il trust, individuando la tassazione "in uscita" (accolta dall'Agenzia delle Entrate con la circ. 22/2024) come soluzione di "default" e la tassazione "in entrata" come scelta opzionale. Viene rilevato che restano applicabili le esenzioni ed esclusioni previste dal D.lgs. 346/90, come ad esempio quelle di cui all'art. 12, ma viene evidenziato come per le donazioni non operi l'esclusione dei titoli del debito pubblico o titoli di Stato (art. 12 lett. h) e i) del D.lgs. 346/90), con l'effetto che - spiega Assonime - tali beni sono esclusi da tassazione se devoluti in trust, solo se si tratta di trust testamentario.

Attualità


  • Monte Carlo cambia pelle, non più paradiso fiscale”, IlSole24Ore dell’1.12.2024, pagina 2: La grande sfida di Mareterra - la penisola che sorge dalle acque, 6 ettari di real estate strappati al Mediterraneo, immobili venduti fino a 100 mila euro al metro quadro, già sold out - è in fondo la metafora del presente del Principato di Monaco: un’enclave on-shore, di terra agganciata saldamente alla rocca con 18 enormi cassoni di cemento armato e sabbia. Dal mare alla terra, come dire, fine dell’epoca off-shore, ricomincia quella on-shore. A pochi giorni dal termine del quinto ciclo di verifica di Moneyval, che qui tutti si augurano metta presto in soffitta il purgatorio della lista grigia - quella grey-list finanziaria che rende tutte le transazioni “sospette”, e tutti i titolari di conto a «rischio medio» di riciclaggio - la vita nel Principato scorre tranquilla e apparentemente sempre uguale. Oggi dei 39 mila residenti nel Principato “solo” 7.700 sono italiani, quasi 8.500 francesi, 9 mila i monegaschi di cittadinanza. Nessuno dei 39 mila iscritti all’anagrafe paga le imposte dirette, non i cittadini autoctoni e nemmeno i 30 mila a cui è stata principescamente concessa la Carte de séjour. Il PIL della Rocca sfiora i 9 miliardi di euro e la legge di bilancio di cui l’Assemblea legislativa (24 “parlamentari”) sta discutendo sfiora i 2,4 miliardi. Il bilancio dello Stato genera storicamente eccedenze, versate al Fondo di Riserva Costituzionale. Senza imposte dirette, gli attivi di bilancio vengono dall’IVA, dall’imposta dei registri immobiliari e transazioni (26%), dalle tasse sui redditi commerciali (11%) e solo per il 3% dal leggendario Casinò. Nel corso degli esami di Moneyval (l’organo del Consiglio d’Europa per antiriciclaggio e finanziamento al terrorismo), la Rocca ha ricordato che dal 1851 Monaco è nello spazio doganale francese con aliquote e controllo francesi; il sistema bancario è sotto il duplice controllo delle autorità monegasche e della Banca di Francia; la rinnovata autorità antiriciclaggio è passata da 16 a 80 dipendenti in pochi mesi, con rafforzamento dei servizi Aml anche nella Polizia, l’aumento dei magistrati dedicati all’antiriciclaggio e la nuova «sezione finanziaria» della magistratura di prossima istituzione per perseguire questo tipo di reati. Basterà tutto questo per lasciarsi alle spalle «grigio» e pregiudizi? «Il sistema bancario oggi è impermeabile al riciclaggio - dice un alto dirigente bancario qui da 25 anni - siamo totalmente compliant, e responsabili penalmente delle miscondotte. Confidiamo che anche altri storici anelli “deboli” della catena del contante siano stati messi così bene in sicurezza».
  • Il fisco non dimentica gli esuli della voluntary: notificati avvisi del ’14-15”, IlSole24Ore dell’1.12.2024, pagina 2: Il fisco ha una memoria lunghissima e tende ad azionarla solo un attimo prima che vada perduta. È quanto stanno scoprendo, loro malgrado, alcuni dei contribuenti italiani che nove anni fa svelarono le attività (all’epoca) off-shore custodite nelle banche monegasche, pensando così di aver chiuso un capitolo di vita e, soprattutto, i conti con l’agenzia fiscale. In questi giorni invece i “volontari dell’emersione” del Midi francese stanno ricevendo lettere di contestazione delle Entrate, ancora figlie di quel lontano passato, lettere incastrate nelle pieghe di norme nazionali che si innestano in trattati internazionali ulteriormente difficili da metabolizzare per i (neo)contribuenti. Seguendo il filo della memoria, esattamente nove anni fa, il 30.11.2015, si chiudeva la prima e più grande campagna di emersione (e di identificazione) volontaria della storia fiscale del paese. La voluntary disclosure, infatti, permise di chiudere a saldo le pendenze fino all’anno di imposta 2013, ma lasciò scoperte le annualità successive. Il problema è che proprio nel febbraio 2015 i paradisi europei - Svizzera, Monaco, Liechtenstein, Città del Vaticano - avevano firmato una serie di protocolli/trattati con l’Italia per la trasparenza e lo scambio di informazioni fiscali “di gruppo” in attesa del 2017, anno in cui sarebbe partito, come è poi partito, lo scambio automatico di info fiscali. In questo slalom di norme e di autoliquidazioni di imposta, molti “pentiti” del nero internazionale si sono persi per strada, convinti che l’emersione volontaria del 2015 avrebbe spento per sempre l’occhio sospettoso dell’Agenzia. Che invece non dimentica, e assemblando leggi, trattati e dichiarazioni fiscali, si è accorta che la “coperta” della voluntary arrivava all’anno d’imposta 2013 e il “piumino” dello scambio automatico partiva solo dal 2017: ci sono tre annualità in cui chi all’epoca “emerse” dal nero ma non rimpatriò fisicamente il denaro aveva ancora l’obbligo di segnalare nel Quadro RW la titolarità di posizioni all’estero, presupposto per applicare la tassazione da (eventuale) reddito di capitali. Le prime due annualità (2014 e 2015) sono in notifica ora mentre il terzo arriverà con il panettone del prossimo anno. Quanto costerà la dimenticanza? Apparentemente poco in termini percentuali, che però rischia di diventare un bel gruzzolo se calcolato sugli asset in gioco. Dando per scontato che tutti i contribuenti pizzicati opteranno per il ravvedimento, la sanzione è dell’1% sull’ammontare del deposito, moltiplicato per le singole annualità e, eventualmente, per il numero dei cointestatari del conto “extra-RW”.

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