Il mercato delle cripto-attività, un tempo riservato a pochi appassionati, è oggi sotto l’attenzione di banche, investitori e autorità fiscali.
Con una capitalizzazione globale che supera i 3.000 miliardi di dollari, il settore è diventato parte integrante dell’economia digitale.
In Italia, il passaggio dalla “zona grigia” all’inquadramento normativo è stato segnato dalla Legge di Bilancio 2023 e dalla Circolare 30/E del 27 ottobre 2023, mediante le quali sia il Legislatore che l’Amministrazione finanziaria hanno cercato di fornire maggiore chiarezza fiscale al fenomeno.
Il quadro normativo che oggi regola le cripto-attività in Italia è frutto di un percorso di definizione graduale, iniziato con la Legge di Bilancio 2023 e consolidato dalla Circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023.
Oggi le plusvalenze ottenute dalla vendita, dalla permuta o dal rimborso di cripto-attività sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e soggette ad imposizione con aliquota del 26%, calcolata sulla differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto. Nella stessa categoria rientrerebbero anche i proventi derivanti da attività come staking, lending o yield farming.
Per quanto concerne il monitoraggio fiscale, le cripto-attività devono essere indicate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, riportando il loro valore complessivo al 31 dicembre di ogni anno.
Su tale importo si applica l’imposta sul valore delle cripto-attività dello 0,2%, che ha natura alternativa all’imposta di bollo: viene infatti corrisposta direttamente dal contribuente solo in assenza di un intermediario residente. La stessa regola si estende alle cripto-attività conservate su wallet esteri o decentralizzati, per le quali non esiste un sostituto d’imposta tenuto all’adempimento.
La previsione di aumento dell’aliquota al 33% a partire dal 1° gennaio 2026 si inserisce in una strategia più ampia del Governo.
Dopo il forte recupero del mercato e l’aumento delle operazioni di realizzo da parte degli investitori italiani, l’Esecutivo ha scelto di adeguare il prelievo fiscale a un comparto ormai maturo e in rapida espansione.
L’obiettivo è duplice: (i) rafforzare le entrate erariali in un contesto di crescente movimentazione di capitali digitali; (ii) stimolare la regolarizzazione spontanea delle posizioni ancora non dichiarate.
In questa logica si colloca la possibilità di affrancamento, che consente ai contribuenti di rivalutare le proprie cripto-attività versando un’imposta sostitutiva e cristallizzando i guadagni maturati prima del nuovo regime fiscale più oneroso.
Come anticipato, ad oggi, i contribuenti possono optare per la rideterminazione del valore delle cripto-attività versando un’imposta sostitutiva del 18% sul loro valore di mercato.
Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2025, oppure in tre rate annuali di pari importo, con l’applicazione di interessi del 3% sulle rate successive alla prima. In sostanza, la rideterminazione rappresenta un’opportunità per chi possiede cripto-attività che hanno già maturato un guadagno significativo.
Più nel dettaglio, la rideterminazione del valore consente di aggiornare il costo fiscale delle cripto-attività al loro valore attuale. In questo modo, il contribuente potrebbe abbattere o azzerare la plusvalenza latente che si formerebbe in caso di futura cessione, riducendo sensibilmente l’imponibile assoggettabile ad aliquota del 26% o del 33% (a partire dal 2026).
Sul versante internazionale, anche per i residenti fiscali italiani che detengono cripto-attività negli Emirati Arabi Uniti, il quadro sta cambiando rapidamente.
Più nel dettaglio, con l’adesione al Crypto-Asset Reporting Framework (CARF) dell’OCSE, Dubai e Abu Dhabi hanno accettato di introdurre un sistema di scambio automatico di informazioni fiscali anche per gli asset digitali.
A partire dal 2028, i dati relativi ai portafogli cripto - compresi quelli custoditi presso exchange o wallet provider locali - saranno trasmessi alle Autorità fiscali dei Paesi di residenza, tra cui l’Italia.
Questo significa che chi mantiene criptovalute negli Emirati non potrà più contare sulla riservatezza del passato: i dati potranno essere incrociati con le dichiarazioni italiane, rendendo immediatamente individuabili eventuali dichiarazioni infedeli.
In un contesto sempre più trasparente, dove anche giurisdizioni storicamente riservate come Dubai e Abu Dhabi si preparano a condividere automaticamente informazioni fiscali sulle cripto-attività con le Autorità internazionali, muoversi in anticipo diventa fondamentale.
Per chi è fiscalmente residente in Italia e detiene cripto-attività all’estero, il momento per pianificare, ed eventualmente regolarizzare, è oggi. Affidarsi a un consulente esperto in fiscalità internazionale permette di strutturare in modo fiscalmente efficiente la propria posizione.
In caso di chiarimenti oppure per richiedere una consulenza fiscale, è possibile contattarci tramite l'apposito formulario.